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lunedì 20 maggio 2019

L'UOMO SENZA VOLTO

di Rho Mauro 



Film   "minore"  nella lunga carriera di Mel Gibson questo "L'UOMO SENZA VOLTO" è un Piccolo Capolavoro che andrebbe riscoperto. 
Nascosto ben bene tra il popolare successo di Martin Riggs della serie  ARMA LETALE e  il non meno celebre William Wallace di BRAVEHEART questo Justin McLeod impegnato a far da mentore ad un ragazzo cresciuto in una famiglia problematica è una figura carismatica dal passato misterioso e dal volto deturpato da un misterioso incidente stradale.
Nei profondi valori che il maestro trasmette al giovane allievo vi è dentro tutto lo straordinario modo di intendere il ruolo di "insegnante" .
Ricordo che andai da solo a vedere questo film in una sera di fine autunno  del 1993 in un Cine-Teatro San Rocco di Seregno pressochè deserto.
Portai a casa delle belle emozioni e una poesia che, ora come allora, ritengo una delle più belle che abbia mai avuto il piacere di sentire.
Questa:


IL VOLO

I tenaci vincoli della terra
d’un colpo ho reciso
e ho danzato lieto nell’aria
sopra ali d’argento.
Il cielo ho scalato,
di nuvole esplose
ho seguito il disegno impreciso
e ho fatto, contento,
cose che tu non puoi aver sognato:
tuffi, planate, giravolte,
ma lassù tutto è silenzio.
Ho spento i motori
e percorrendo spazi inviolati
di paradiso,
la mano ho messo fuori
e di Dio ho sfiorato il viso.

(John Gillespie Magee Jr.)










domenica 19 maggio 2019

PRIMA DELL'ALBA

di Rho Mauro 


Su un treno diretto a Vienna un giovane giornalista americano incontra una giovane studentessa  francese che sta rientrando a Parigi dopo una breve vacanza. I due ragazzi  decidono di scendere a Vienna e di girare insieme per un giorno e una notte la stupenda capitale austriaca, prima di dividersi e dirsi addio, dopo essersi raccontati le storie della loro vita.
Tutta la narrazione è incentrata sul dialogo tra i due unici protagonisti del film, sullo sfondo della città austriaca. Nonostante la completa mancanza di azioni e/o colpi di scena, i temi affrontati dai due giovani, le loro ansie, le loro gioie, le loro paure, il loro mondo, che potrebbe essere il mondo di due giovani qualsiasi, rendono questo film unico nel suo genere.
E’ un po’ come una di quelle grandi ed infinite discussioni che da adolescenti si facevano nelle lunghe notti d’estate in compagnia, magari davanti ad un boccale di birra da litro  parlando di tutto un po’, dal senso della vita, alla morte, dal sesso al rapporto con gli altri, ecc. 
Da vedere per poter comprendere quanto a volte può essere complesso il mondo femminile/maschile nell’età immediatamente successiva all’adolescenza e per potersi ritrovare tra i ricordi di comuni problemi del passato.
Da non vedere se  odiate film con lunghi dialoghi e poche azioni.
Successivamente sono usciti i sequel BEFORE SUNSET e BEFORE MIDNIGHT  che tuttavia non reggono il confronto con l'originale.
Unico.

GHOST'N GOBLINS & ASTEROIDS

di Roberto Rizzetto




Forse non tutti sanno che i videogames sono nati già nei primi anni 50 negli ambienti di ricerca scientifica , soprattutto nelle facoltà universitarie degli Stati Uniti d’America . Il loro sviluppo è avvenuto tuttavia solo nella seconda metà degli anni 70 .                                                                                                
Quello dei videogiochi è divenuto un fenomeno culturale di massa , forse grazie anche al forte rapporto che li lega al processo tecnologico . Ed anche con il cinema esiste un “solido” connubio . Spesso infatti le trame di molti film sono tratte da dei videogames ( “Tomb Raider” e “Resident evil” ad esempio ) così come molti film vengono successivamente tramutati in videogiochi .                      
Se i “videogiocatori” attuali ( nel gergo chiamati “gamer” ) possono utilizzare sofisticatissime console quali “playstation” o “xbox” ( se non addirittura un personal computer ) , nei primi anni ottanta era molto comune l’uso dei videogames nei bar o nelle sale giochi .                                                         
Voglio ora recensire due videogiochi : Ghost’n goblins ( perché il mio preferito) e Asteroids ( in quanto insieme a “Pac-Man” è uno dei videogames più famosi e giocati in assoluto ).                                                    
Ghost’n goblins : protagonista di questo videogioco del 1985 è Arthur , un cavaliere medioevale in armatura ( ma senza cavallo ) che , attraversando alcuni ambienti lugubri , cerca di salvare la sua amata che è stata rapita da un demonio per conto di Astaroth , un mostro a due facce .                                
Arthur ha a disposizione una lancia , ma , recuperandola dall’interno di un recipiente di terracotta , può cambiare arma ( che può essere una torcia , un pugnale , un’ascia oppure uno scudo ) . E’ protetto da un’armatura che ( se colpito una prima volta ) perde , rimanendo in mutande . Se colpito una seconda volta invece perde una vita trasformandosi in un mucchietto di ossa .             
Il cavaliere può ( oltre che ovviamente usare le armi ) , camminare , saltare , accovacciarsi e salire le scale . Praticamente tutti i suoi “nemici” provengono dal mondo fantasy/horror e sono zombi , piante carnivore , pipistrelli , orchi , mostri volanti , ciclopi , draghi e demoni . Arthur dovrà superare sette livelli composti da un cimitero con successiva foresta , un palazzo di ghiaccio con borgo infestato , una caverna , delle piattaforme fluttuanti con un ponte sospeso sul fuoco , ed infine un castello sulla cui sala del trono , sconfiggendo per due volte il malvagio Astaroth , ritroverà la sua amata.          
E passiamo ora ad Asteroids . Realizzato da Atari nel 1979, ideato da Lyle Rains e disegnato e programmato da Ed Logg, viene considerato uno dei videogiochi più famosi della storia.                                                            Il gioco è molto semplice.
Il giocatore guida una navicella intrappolata in un campo di asteroidi all’interno del quale , saltuariamente, compaiono anche dei dischi volanti. Il “gamer” deve colpire gli asteroidi due volte per distruggerli completamente facendo attenzione anche alle “navicelle aliene”.
Ma la  difficoltà principale del gioco consiste nel controllo dell’astronave a causa della forza d’inerzia. All’interno del meccanismo del videogame vennero infatti riprodotte alcune leggi fisiche reali. 
Ogni asteroide o disco volante abbattuto garantisce un punteggio in funzione della sua grandezza . Il record mondiale di Asteroids è ad oggi detenuto dall’americano John McAllister , che il 5 aprile  2010 , dopo ben 58 ore di gioco , ha ottenuto 41.838.740 punti . Il record precedente , fissato dall’allora quindicenne Scott Safran , è rimasto in piedi per oltre 27 anni , visto che era datato 14 novembre 1982 . Scott ci ha purtroppo lasciato il 27 marzo 1987 , a soli ventuno anni , cadendo dal terzo piano del suo appartamento di Los Angeles nel tentativo di recuperare il suo gatto Samson .                                                                                                 
Non chiedetemi ora di recensire anche Pac-Man. 
A me i “fantasmini” che mi inseguivano mi facevano venire l’ansia …

GLI ALTRI ... "SCARAFAGGI"

di Roberto Rizzetto

(Pete Best)

Nelle mie precedenti pubblicazioni per MCM ho riposto la mia attenzione su cartoni animati, serie TV e varietà televisivi, videogames, libri e fumetti che, in qualche modo, mi avevano emozionato, e le mie recensioni altro non erano che un tentativo di condividere con i lettori le emozioni provate.  
                            
Nel prossimo contributo intendo invece raccontare una storia sconosciuta ai più, ma che a mio avviso vale la pena di essere ricordata. E’ la storia di due musicisti, i cui nomi sono Randolph Peter Best detto “Pete” e Stuart Fergusson Victor Sutcliffe detto “Stu”. Il loro destino è stato rispettivamente beffardo e crudele, mentre ad accomunarli è stata la loro (breve) appartenenza al gruppo musicale più famoso del mondo : i Beatles!      
                                                                 
Pensando al quartetto di Liverpool i nomi che vengono subito alla mente sono quelli di John Lennon, Ringo Starr, Paul McCartney e George Harrison, immortalati in quest’ordine mentre attraversano Abbey Road nella famosa foto di copertina dell’album omonimo. Tuttavia, tralasciando turnisti e collaboratori (anche se Billy Preston, musicista di matrice jazz-blues che collaborò con gli “scarafaggi” in alcuni brani dell’album “Let it be” merita almeno una menzione), è sbagliato credere che i quattro artisti sopracitati siano stati gli unici membri della band inglese. 

Pete Best è stato infatti il primo batterista del “Fab Four” prima che diventassero famosi. Nell’estate del 1960 i Beatles con Pete alla batteria partirono per una tournèe in terra tedesca, dove Best ebbe modo di mettere in mostra il proprio stile particolare, (oltre all’abilità nel fare breccia nel cuore delle ammiratrici). Tuttavia Pete non legò mai completamente con gli altri membri della band, anche perchè si rifiutò di vestirsi e tagliarsi i capelli come loro. E così, il 6 giugno 1962, quando i Beatles furono convocati negli studi di registrazione della EMI ad Abbey Road il produttore George Martin pretese la sostituzione del batterista. Best non la prese per niente bene, ma anche all’interno dell’entourage dei Beatles il licenziamento del batterista causò non pochi grattacapi. Neil Aspinall, storico road manager della band e grande amico di Pete, all’inizio si rifiutò di montare e smontare la batteria del nuovo arrivato Ringo Starr ed anche parecchi fan si mostrarono contrariati per la sostituzione.                                                       
Pete Best venne poi inserito nel gruppo “Lee Curtis & The All Stars” e successivamente fondò i “Pete Best Four” e poi i “Pete Best Combo”, senza mai ottenere tuttavia il successo sperato e mancato per un soffio qualche anno prima. Il 19 aprile 2016 si esibì anche in Italia, più precisamente al “Le Roi” di Torino. Pare che, dopo la pubblicazione di alcuni brani che lo vedevano alla batteria racchiusi nell’album “Anthology 1”, Best ricevette una cospicua somma di denaro, quasi un risarcimento per il licenziamento subito oltre trent’anni prima… 
                                                                                                         
Stuart Sutcliffe invece fu il bassista dei Beatles dal 1960 al 1961.                    
La famiglia Sutcliffe , proveniente da Edimburgo, si trasferì a Huyton, nella zona periferica di Liverpool quando “Stu” aveva soltanto tre anni. Fu all’istituto d’arte di Liverpool che Stuart conobbe il coetaneo John Lennon. Da lì all’approdo nei Beatles il passo fu breve. Tra l’altro pare che la scelta del nome del gruppo sia da accreditare proprio a Sutcliffe, che non era tuttavia un bassista particolarmente dotato, tanto che il resto della band gli suggerì di suonare dando le spalle al pubblico, mascherando così gli evidenti limiti tecnici. Stuart era invece un pittore di grande talento e così nel 61, anziché rientrare dalla tournèe tedesca, decise di rimanere ad Amburgo per continuare i propri studi artistici ma soprattutto per amore della fotografa e stilista tedesca Astrid Kirchherr. Sutcliff morì nel 1962, a soli 22 anni nell’ambulanza che lo stava conducendo all’ospedale a causa di una paralisi cerebrale dovuta ad un’emorragia nel ventricolo destro del cervello. Durante un successivo esame autoptico venne stabilito che nel cervello di Stuart si stava sviluppando un tumore originato da una frattura al cranio. Si dice che tale frattura potrebbe essere stata causata da un pestaggio subito da una banda di Teddy Boys anni prima. Lennon volle ricordare l’amico ritraendolo nella copertina dell’album “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” del 1967.


QUELLA "STRANA OFFICINA"

di Roberto Rizzetto 


Negli anni settanta non è che ce ne fossero molte di sale prove. Men che meno in una città come Livorno. Così i fratelli Fabio e Roberto Cappanera decisero di adibire a sala prove uno spazio ricavato dall’officina meccanica di famiglia .     
Lo stabile si trovava tuttavia in una zona abitata, e così ben presto i vicini, esasperati dal volume ritenuto troppo alto della musica che fuoriusciva nelle ore serali dalle pareti dell’officina si rivolsero ai carabinieri. Durante un controllo un soldato dell’arma, vedendo quanto stava accadendo commentò: “Certo che questa officina è davvero strana!”. Quella sera stessa era ufficialmente nata la STRANA OFFICINA, band destinata a divenire un punto di riferimento nel panorama hard rock ed heavy metal nostrano.                       
La formazione iniziale era composta, oltre ai sopracitati fratelli Fabio e Roberto (rispettivamente alla chitarra e alla batteria) dal bassista Enzo Mascolo.         
L’inserimento nel gruppo di un cantante (Johnny Salani) avvenne solo successivamente alla partecipazione alla Festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro.                                                    La virata verso una sonorità più decisamente rock arrivò invece nell’81, in seguito ad un “viaggio iniziatico” nel Regno Unito da parte dei fratelli Cappanera. La voce blues di Salani non poteva più a quel punto reggere un intero concerto fatto di pezzi metal. Il bluesman Johnny venne così rimpiazzato da Daniele Ancillotti, soprannominato “Bud”, il quale portò in dote all’interno dell’”Officina” anche il chitarrista Marcello Masi.                                                 
Con questa formazione la Strana Officina registrò nel 1984 un’EP omonimo contenente tra l’altro le canzoni “Luna nera” ed “Autostrada dei sogni”, due tra i pezzi più apprezzati della band livornese. Nell’87 fu la volta dell’EP “The ritual”, che comprendeva quattro pezzi in lingua inglese. In questo mini-album non era presente Masi, che rientrò (anche se solo come musicista ospite) nel successivo “Rock & Roll prisoners”, album datato 1989, interamente in inglese (grazie alla collaborazione con il paroliere James Hogg) e comprendente anche alcuni brani che originariamente erano stati scritti in italiano.                             
A quel punto i fratelli Cappanera si presero un anno di tempo per realizzare due progetti a cui pensavano da tempo, ovvero la creazione di uno studio di registrazione e la realizzazione di un album, a nome Cappanera ed intitolato “Non c’è più mondo”, dalle sonorità meno “heavy” di quelli realizzati con l’Officina. Nonostante questo lavoro ottenne il parere favorevole di critica e pubblico i fans fecero pressione affinchè si tornasse alla formazione originale.      
I Cappanera ricontattarono così Ancillotti e Mascolo per un nuovo capitolo dell’avventura della Strana Officina. Ma un tragico destino era dietro l’angolo.  Il 23 Luglio 1993 Fabio e Roberto rimasero coinvolti in un’incidente sulla “Firenze-Pisa-Livorno” che pose fine alla loro vita. E con la loro prematura morte pareva che anche la parabola rock della band di Livorno fosse definitivamente conclusa, anche se la Strana Officina in realtà si esibì successivamente in una serie di eventi-tributo con i due Cappanera sostituiti dal nipote Dario e da Rolando, il figlio di Roberto. 
Ma la rinascita della Strana Officina avviene nel 2006, in occasione della decima edizione del “Gods of Metal” che si tenne all’Idroscalo di Milano, quando la band venne scelta come headliner della seconda serata. Quando la loro esibizione partì con il pezzo “King Troll” un’ovazione accolse la rinascita della Strana Officina, che nel 2010 comporrà l’album “Rising to the call”, a ben ventuno anni di distanza dal precedente.                                 
Oggi la Strana Officina sta preparando un nuovo lavoro, che dovrebbe uscire entro la fine del 2019. Nel 2015 la Crac Edizioni ha pubblicato la loro biografia ufficiale, un libro intitolato “Batti il martello”. 

L'INSONNE

di Roberto Rizzetto 



Nel panorama del fumetto italiano esistono testate storiche , come Tex ad esempio , che da oltre settant’anni fa compagnia ai suoi affezionati e numerosi lettori con uscite settimanali reperibili facilmente in pratica in ogni edicola .   
Altri personaggi invece , non ottenendo sufficienti riscontri di vendita , sono costretti a chiudere frettolosamente i battenti magari solo dopo pochi numeri . Il fumetto di cui voglio parlarVi ha avuto invece un percorso editoriale del tutto particolare che , a mio avviso , vale la pena di essere raccontato .                       Era il 1994 quando Giuseppe Di Bernardo e Andrea J.Polidori diedero alle stampe un fumetto in formato bonellide intitolato “L’insonne” pubblicato da un pressochè sconosciuto editore romano : la B.B.D. Presse ! Si trattava di un “thriller esoterico” con protagonista Desdemona “Desdy” Metus , una giovane DJ conduttrice di una trasmissione radiofonica notturna per una piccola radio privata fiorentina : Radio Strega . Desdemona è affetta da un’incomprensibile forma di insonnia di origine traumatica …                                                  
Questa prima esperienza editoriale terminò soltanto dopo quattro numeri . Passarono più di dieci anni prima che l’Insonne ricomparisse , come per   magia , in edicola . Il realtà , in questo lasso di tempo , gli autori non abbandonarono mai definitivamente il loro progetto e fecero stampare e pubblicare alcuni albi fuori collana che vennero distribuiti nelle varie fiere e manifestazioni del settore.                                                                            Poi la “Free Books” , una casa editrice umbra , presentò in occasione di Lucca Comics 2004 ( uno dei più rappresentativi appuntamenti europei nell’ambito fumettistico ) un numero zero intitolato “Ouverture”, un’anticipazione cioè dei nuovi episodi inediti che sarebbero finiti nella collana “Thriller” .                       
La nuova serie , che uscì tra marzo ed aprile dell’anno successivo , vedeva il debutto ai testi di Francesco Matteuzzi ( che prendeva il posto di Polidori ) ed un team di validi disegnatori che si alternavano ai “pennelli”.    Nonostante il consenso di pubblico e critica ( culminato con il premio ComicUS 2006 come migliore serie italiana ) la collana venne sospesa dopo il decimo dei tredici episodi previsti a causa delle divergenze artistiche tra l’autore ( Giuseppe Di Bernardo ) ed il direttore editoriale Andrea Materia.                           
Il decimo numero venne pubblicato nell’ottobre del 2007 . La serie venne a questo punto rilevata dalla bergamasca Arcana Edizioni che , con cadenza annuale nel mese di ottobre , pubblicò i tre episodi conclusivi E veniamo , nel dettaglio , all’intricatissima trama.                                             
Desdemona Metus è una studentessa fuoricorso di Medicina . Ha 24 anni e vive a Firenze , dove divide un appartamento con l’amica Brighitta . Di notte è la speaker di una radio locale , Radio Strega ( e qui segnaliamo la citazione al meraviglioso film di Francesco Nuti “Stregati” , interpretato in coppia con Ornella Muti ) . La trasmissione si intitola l’Insonne , ma “Desdy”  è effettivamente incapace di dormire a causa di una rarissima forma di insonnia traumatica che ha avuto origine nella notte della scomparsa della madre Amelie , avvenuta a Rennes le Chateau , in Francia , quando Desdemona era ancora molto piccola . Tale insonnia sembra essere anche la causa di misteriose visioni che la affliggono ma , al tempo stesso , le permettono di recepire alcuni aspetti della realtà nascosti alle persone comuni …                                                         
Il padre di Desdemona , Isaia , è un professore universitario dal passato oscuro . Il suo vero cognome ( Galler ) è ereditato dal padre adottivo , un ufficiale delle SS responsabile dell’eccidio di Santa Chiara , durante il secondo conflitto mondiale . Fu lui ad introdurlo nella “Loggia Nera” , una setta segreta che affonda le proprie origine esoteriche nella mitologia etrusca .                
Alla Loggia Nera si contrappone da secoli la “Fratellanza” , un’organizzazione para-massonica che conta diverse basi segrete ubicate all’interno di palazzi storici di Bologna e Firenze.                                                      Il padre di Desdemona ( discendente di una tribù di zingari custodi di un antico segreto ) diviene l’amante di Cibele , capo della Loggia Nera , e da lei ha una figlia di nome Sarah . Successivamente Isaia conoscerà a Roma una strega wiccan , Amelie appunto , e se innamorerà . Da questo amore , oltre alla nascita di Desdemona , Isaia troverà la forza di staccarsi dalla Loggia Nera , trovando aiuto nella fratellanza . Nella vicenda si inserisce anche Cronide , figlia di Isaia e Sarah grazie ad un’inseminazione artificiale , e per questo sorellastra di Desdy . Cronide è una lolita psicopatica , affetta da manie di persecuzione e con uno spiccato istinto omicida .                                                  
La Loggia Nera , essendo consacrata al culto di un oscuro demone femminile , deve essere guidata da una triade di donne . Le tre madri sono Cibele , Sarah e Cronide , ma le prime due vorrebbero estromettere la terza a favore di Desdemona , che si trova così inconsapevolmente al centro di un occulta trama di cospirazioni …                                                                                           
Nel 2008 l’Insonne è diventato anche un romanzo , col titolo “La lunga notte de L’Insonne” , edito da Del Bucchia Editore e scritto dal “solito” Di Bernardo .     
Il libro raccontava , attraverso quindici racconti , una notte a Radio Strega …  Negli ultimi tempi sono circolate in rete sempre con più frequenza voci su una serie tv con protagonista Desdemona Metus . In realtà una puntata pilota di questo progetto è andata in onda il 31 ottobre 2016 nei giorni di Lucca Comics ( con l’attrice romana Chiara Gensini nel ruolo della speaker di Radio Strega ) ma poi non si è saputo più nulla...                    E mentre l’Insonne è ancora online grazie alle audio-storie realizzate con il  contributo di NovaRadio Firenze , il suo principale autore , Giuseppe Di  Bernardo , prosegue la sua attività di docente presso una rinomata scuola di fumetto fiorentina .

PIOGGIA, EMOZIONE, TRISTEZZA E VENTO IN UN GIORNO DELL'ESTATE 1988

di Rho Mauro 



Era un giorno di agosto del 1988 e a Bormio il cielo era cupo cupo con un forte vento che preannunciava tempesta. 
Io camminavo con un’amica con la quale avevo trascorso gran parte di quei quindici giorni di ferie. L’avevo conosciuta il giorno del mio arrivo perché era la figlia dei padroni della casa in cui alloggiavo con la mia famiglia.
La nostra amicizia era ben strana a pensarci ora.
Io ero un po’ il suo “passaporto”… perché in pratica sua madre la lasciava uscire di casa solo se veniva con me.
In effetti era un po’ “vivace” e quindi era spesso in ritiro (“castigo”). Non che fosse cattiva o pericolosa, solamente era un po’ (troppo!) “vivace”. 
Ritornando a quel pomeriggio, come sempre uscimmo insieme, poi strada facendo ci fu un piccolo diverbio, causato dal fatto che ognuno voleva andare in un posto diverso. Lei certamente era ben consapevole del fatto che non le avrei negato una richiesta; invece quando mi propose di andare dove voleva lei le risposi di no.
Ricordo, ora, come fosse allora, che lei incazzata nera girò la sua mountan bike in senso opposto e voltandosi mi disse “Beh, vorrà dire che le nostre strade si dividono qui…” … e se ne andò.
Nel frattempo aveva pure iniziato a piovere, e le nuvole coprivano ormai tutte quante le montagne intorno. Scesi giù all’altezza delle piscine di Bormio per la via dell’autoscuola Peccedi e capii ben presto di essere triste e cupo  come il tempo che mi circondava. 
La sera dopo eravamo ancora insieme in giro per Bormio, sotto il diluvio universale, e il giorno seguente io sarei ripartito per tornare a casa un po’ più felice.
Da quel pomeriggio quando mi capita di leggere o sentir dire da qualche parte  “…le nostre strade si dividono qui” mi ritorna in mente la mia amica Paoletta e la pioggia, l’emozione, la tristezza e il vento di un giorno… nella vita.

SULLE ORME DE "L'ASTRONOMO"

di Rho Mauro 




Ci sono brani che, letti nell'età dell'adolescenza, lasciano un solco.
Questi brani poi ritornano nel cammino della vita e, rileggerli, è un po' come incontrare di nuovo un vecchio amico che non si vedeva da tempo.
Tra le centinaia di pagine scritte dal "Profeta" Gibran Kahlil Gibran  vi è questa perla ...



L'ASTRONOMO  - tratto da IL FOLLE di  Gibran Kahlil Gibran 



Nell’ombra del tempio, il mio amico ed io vedemmo un cieco che sedeva tutto solo. E il mio amico disse. “Guardalo, è l’uomo più saggio della terra”.
Lascia allora il mio amico, e mi accostai al cieco, e lo salutai. E ci mettemmo a conversare.
Dopo un po’ dissi: “Perdona la mia domanda: da quanto tempo sei cieco?”.
“Dalla nascita”, egli rispose.
Dissi io: “E quale via di conoscenza tu segui?”
Disse: “Sono un astronomo”.
E posò la mano sul suo petto, e disse: “Guardo qui dentro tanti soli, tante lune e stelle.”

L'HOTEL DEI CUORI SPEZZATI

di Roberto Rizzetto



Sarà stata, più o meno, la metà degli anni ottanta.
All’epoca ero uno studente squattrinato e poco propenso allo studio.
Durante il tragitto che mi conduceva a scuola ero solito soffermarmi dinanzi ad un negozio di dischi e strumenti musicali.
Le due vetrine del negozio venivano sapientemente e costantemente “rinnovate” dal suo gestore.
Le copertine dei vinili del momento facevano capolino nella vetrina più spaziosa , mentre nell’altra erano sistemati alcuni strumenti musicali e dei libri dell’editore Gammalibri ( ora diventato Kaos Edizioni ). Un giorno la mia curiosità venne attirata da un libro dal titolo bellissimo, “L’hotel dei cuori spezzati”, sulla cui copertina era disegnata una donna molto somigliante a Janis Joplin, raffigurata in un “paesaggio lunare” con un serpente avvolto intorno al suo braccio destro .           
L’accostamento del titolo con la canzone di Elvis Presley “Heartbreak hotel” non fu per me immediato , anche perché in quel periodo non ero solito ascoltare la musica di Elvis “the Pelvis” … Entrai comunque nel negozio e lessi la seguente quarta di copertina : “Con questo libro nasce un nuovo genere : la rock-fiction”.                                
Alieni , spettri , replicanti , droghe sconosciute sono da sempre temi caratteristici della letteratura e del cinema fantastico . Nell’Hotel dei Cuori Spezzati si muovono in questi contesti i grandi nomi del rock : Neil Young, Talking Heads, David Bowie , Rolling Stones, Jim Morrison, Elvis Presley, Bruce Springsteen, Tom Waits, Pino Daniele, Jimi Hendrix, Paul McCartney , Sid Vicious, Janis Joplin, Bob Dylan, Elvis Costello, Nina Hagen, che guidano il lettore in 20 racconti “fantasy” di orrore e morte, di viaggi e apparizioni, di droga e incubo.                                                    
Per chi ama il rock e detesta la fantascienza. Per chi ama la fantascienza e detesta il rock.
Per chi ama entrambi .                                                                                                     
Decisi allora di investire parte delle mie già scarne finanze nell’acquisto di questo libro . La scelta fu decisamente azzeccata . Si trattava quindi di una raccolta di racconti ( alcuni dei quali a fumetti ) di un gruppo di scrittori triestini ( o comunque in qualche modo legati alla città di Trieste ) alle prime armi magistralmente orchestrati da Luciano Comida.
Quest’ultimo ha successivamente legato il suo nome ad un personaggio di grande successo nel mondo della letteratura per ragazzi : Michele Grismani.                                
Come spesso accade nelle raccolte di racconti , non tutte le storie si mantengono su un livello di eccellenza , tuttavia rileggendo recentemente questo libro ( datato 1984) sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che ogni racconto risulta tutt’ora attuale anche a distanza di molti anni .            
Ad esempio Vittorio Curtoni nel suo “Quando avrò sessantaquattro anni” profetizzava la crisi del mercato discografico …                                                              
Purtroppo Luciano Comida , il “regista” di tutto questo , ci ha lasciato prematuramente , nel 2007 , a soli 57 anni ! L’Hotel dei cuori spezzati ha rappresentato il suo debutto letterario .                                                           Qualora con questa recensione avessi solleticato la Vostra curiosità sappiate che il volume è praticamente introvabile ed io non ho nessuna intenzione di privarmene.

DUE VIAGGI TRA LE NUVOLE PARLANTI

di Roberto Rizzetto



Federico Fellini stava girando il film “Ginger e Fred” datato 1985 quando sul set incontrò il fumettista altoatesino di nascita ma veronese d’adozione Maurilio Manara detto Milo. Tra i due fu subito feeling, ma l’amicizia vera e propria sopraggiunse due anni dopo, durante le riprese del film successivo del grande regista riminese intitolato “Intervista”, di cui Manara disegnò anche il manifesto. Il giornalista Vincenzo Mollica, grande appassionato di fumetti, cinema e musica era amico di entrambi. Fu lui a chiedere a Fellini se avesse voglia di creare un fumetto da far disegnare a Manara. Il regista accettò senza indugi e così l’avventura partì. Durante i fine settimana Fellini dettava a Mollica i dialoghi che poi il giornalista “passava” a Manara. Una volta completate le tavole il disegnatore le portava a Roma, dove viveva il regista e questa era l’occasione per i tre amici per trascorrere festose serate insieme, tra ristoranti e passeggiate notturne. Fellini aveva scritto due storie per il cinema che non era però riuscito a tramutare in film. Decise così di trasformare in fumetto questi due soggetti. Fu un lavoro lungo e meticoloso, nel quale nulla fu lasciato al caso, nemmeno ogni singolo dettaglio.
Il risultato finale furono due capolavori del fumetto.
Il primo, intitolato “Viaggio a Tulum”  datato 1986,  nacque dallo smisurato interesse che il regista nutriva per i libri dell’antropologo e sciamano peruviano Carlos Casteneda, incentrati sulle vicende dello stregone Don Juan. Fellini intraprese così un viaggio in Messico da cui trasse l’ispirazione per questo racconto. L’inizio della storia si svolge a Cinecittà, dove Vincenzo Mollica giunge in compagnia di una bella ragazza ed incontra Federico Fellini sul bordo di una piscina sul fondo della quale riposano i film che il regista non ha mai realizzato e che sono rappresentati da aerei…                                       
Il secondo fumetto fu realizzato nel 1992 ed è intitolato “Il viaggio di G.Mastorna”  detto Fernet. “Mastorna” è probabilmente insieme al “Napoleone” di Stanley Kubrick il più famoso film mai realizzato nella storia del cinema. E’ il racconto del viaggio nell’aldilà di Giuseppe Mastorna alias Paolo Villaggio, un musicista che da Amburgo deve rientrare in Italia a bordo di un grosso aereo di linea. Nella scena iniziale il comandante annuncia una turbolenza e la necessità di effettuare un atterraggio d’emergenza, che non avviene tuttavia in un aeroporto bensì in una piazza dominata da una bellissima cattedrale (che pare sia quella di Colonia). Ha inizio così il viaggio immaginario di Mastorna, che non sa di essere morto in un disastro aereo…      
Due volumi, tra l’altro anche facilmente reperibili, essenziali nella biblioteca di ogni appassionato di fumetti .
                                                                                                                                          




TRIBALI ALLE BAHAMAS

di Duerrevi Productions


La rock band milanese Ritmo Tribale ha rappresentato il “gotha” della musica italiana indipendente nell’ultimo decennio dello scorso secolo.                            
Il debutto su vinile avvenne nel 1988 con l’album “Bocca chiusa”, disco dalle chiare influenze punk ed hardcore ma anche con una decisa propensione alla melodia. La formazione è composta da “Alex” Marcheschi ed Alessandro Zerilli a comporre la base ritmica (batteria e basso), mentre i due chitarristi sono rispettivamente Fabrizio Rioda ed Andrea Scaglia, con quest’ultimo a ricoprire anche il ruolo di vocalist. L’altro cantante, l’istrionico Stefano “Edda” Rampoldi, viene inserito nel booklet come ospite, in quanto non ancora considerato un membro effettivo della band. E’ con il lavoro successivo, intitolato “Kriminale”, che Edda diventa a tutti gli effetti un “Tribale”, e con lui anche Andrea Filipazzi detto “Briegel” (per la somiglianza con il calciatore tedesco), che prende il posto al basso lasciato vacante da “Ale Zero”.                                   “Kriminale” è un album nel quale la selvaggia e “tirata” matrice punk si alterna a delle ballate decisamente più melodiche . Edda (rientrato a Milano dopo una parentesi Hare Krishna londinese), usa la propria voce (acuta e leggermente nasale) in maniera sbalorditiva per originalità, smorzando le consonanti ed allungando le vocali, quasi fosse un difetto di pronuncia.                                 
Sulla copertina viene immortalato un ragazzino che si aggira sulle macerie del centro sociale Leoncavallo. “Questo disco è dedicato al Leoncavallo e a chi vorrebbe distruggerlo”, si legge sul retro di copertina. L’album si apre con qualche timida nota di pianoforte prima che le chitarre di Rioda e Scaglia scatenino l’inferno…                                                                                 

Nel 1991 viene dato alle stampe un mini LP di sole quattro canzoni intitolato semplicemente “Ritmo Tribale” che precede di un anno l’uscita di “Tutti Vs. Tutti”.
Dopo aver suonato due pezzi in “Kriminale” entra con questi due lavori a far parte a tutti gli effetti della “line-up” della band in qualità di tastierista Luca “Talìa” Accardi . Il soprannome Talìa deriva da un’esclamazione siciliana (terra d’origine di Luca) che significa “guarda” e che il tastierista usava smisuratamente…                                                                                     
Il mini LP “Ritmo Tribale” è un prodotto decisamente coraggioso e sperimentale, mentre “Tutti Vs. Tutti” viene considerato dalla band un album di transizione, visto che a causa di problemi di produzione il disco ha un suono differente rispetto a ciò che i “Tribali” avrebbero voluto. Rimane tuttavia uno dei lavori più amati in assoluto dai fans…                                                          
Nel frattempo anche le major (intese come le principali case discografiche) si erano interessate al fenomeno sempre più crescente della cosiddetta “musica alternativa”, creando al loro interno delle sottoetichette che dovevano occuparsi esclusivamente di questo ambito. Inizialmente, con l’avvento delle major in questo mercato discografico, aumentarono la visibilità, le vendite, l’attenzione dei media e l’affluenza del pubblico ai concerti delle band “titolari” di questo “sottogenere” musicale. Purtroppo la realtà dei fatti fu invece ben diversa, visto che molto presto (nel giro di qualche anno) le major abbandonarono questo settore, lasciando i musicisti senza contratti discografici.
Ma questa è un’altra storia…                                                                                       
Con la formazione ormai stabilizzata a sei elementi i Ritmo Tribale danno alla luce due LP (sotto etichetta Black Out/Polygram) destinati a rimanere dei veri e propri punti di riferimento nel panorama della musica alternativa italiana: Mantra (1994) che contiene una versione rivisitata di “Ma il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano e Psycorsonica (1995).                                               
Sono anni nei quali i “Ritmo” macinano migliaia di chilometri a bordo del loro pullmino (che hanno chiamato “Baffone”) che li porta in tour in ogni angolo della penisola. Il numero dei loro concerti è impressionante, come lo è l’affluenza del pubblico agli stessi, con date sold-out da diecimila spettatori, la metà dei quali che conoscono a memoria e cantano le loro canzoni.   Memorabile una data al Leoncavallo (che omentaneamente si era spostato in Via Salomone) con i Doctor & the Medics (proprio quelli di “Spirit in the sky”) a fare da “apripista” e tremila spettatori dentro al centro sociale e duemila fuori . Le strade attorno erano così piene che c’erano perfino i pullman dell’ATM bloccati…                                                                                                         Se era finalmente arrivato l’atteso riscontro da parte del pubblico, fin dall’inizio non era mai venuta meno l’ammirazione e la stima da parte di colleghi ed addetti ai lavori nei confronti dei Ritmo Tribale, soprattutto per la loro coerenza.                                                                                                   
Ma un “terremoto” era dietro l’angolo. A metà del tour di “Psycorsonica” Edda (che in realtà è il nome della madre di Stefano Rampoldi) abbandona il gruppo.    La sua tossicodipendenza da eroina, che già aveva messo in seria discussione la realizzazione dell’album, va a minare il suo equilibrio al punto di impedirgli di fare la cosa che gli viene più naturale: salire su un palco e cantare!              
La notizia della fuoriuscita di Edda dai Ritmo Tribale non venne presa bene né dalla casa discografica che ben presto voltò le spalle alla band né da una parte dei fans. Quest’ultimi ritenevano che senza quel cantante dai capelli lunghissimi che spesso si presentava sul palco indossando un gonnellino, strillando e contorcendosi in maniera quasi “primordiale”, i Ritmo Tribale non avessero più nulla da dire… La band decise invece di andare avanti. Dopo la realizzazione di uno spot sulla CocaCola ed il tentativo fallito di un album live, i “Tribali superstiti” decisero di entrare in studio per “musicare” i testi che Andrea Scaglia aveva nel frattempo scritto. La band evitò di registrare il disco al Jungle Studio Station di proprietà di Rioda preferendo l’isolamento, quasi a volersi allontanare da tutte le avversità dell’ultimo periodo. A Scaglia venne in mente una vignetta nella quale Paperino, che non voleva essere trovato, appese un cartello con la scritta: ”Sono alle  Bahamas!”.                    
“Bahamas” venne registrato in uno studio di registrazione improvvisato nei pressi di Castrocaro Terme, vicino a Forlì. Si trattava di una cascina fatiscente che veniva utilizzata solo saltuariamente da un ragazzo che produceva miele e dipingeva quadri. Visto che l’attrezzatura del Logic Studio era in deposito per un cambio di sede, venne prelevata (insieme a parte dell’attrezzatura del Jungle), caricata su una specie di trattore e trasportata a Castrocaro. Qui vennero creati degli allacciamenti volanti di corrente, piantate delle puntazze per la messa a terra, abbattuto un muro per far passare il trattore, bucati i pavimenti per cablare regia e sala ed infine vennero allontanati i carabinieri intervenuti per capire cosa stava succedendo… Quando pioveva le attrezzature venivano velocemente staccate e una dozzina di grosse pentole venivano posizionate nei punti in cui “pioveva dentro”… Furono trenta giorni di musica senza interruzioni, a parte qualche passeggiata mattutina fino ad un fiume dove si faceva meditazione e qualche scorribanda notturna a Rimini o Riccione. “Bahamas”, uscito nel 1999 per l’etichetta Edel, è un album più lento e melodico dei precedenti, con testi (di Scaglia) introspettivi e spesso “criptati”.               
Non è un disco che si rivela al prima ascolto, e può anche spiazzare per la diversità rispetto ai lavori precedenti. Tuttavia, per chi ha avuto la pazienza di ascoltarlo entrando nella nuova ottica della band, si è rivelato per quello che è veramente: un capolavoro assoluto, probabilmente il lavoro più maturo del gruppo milanese. Nell’album le chitarre di Rioda e Scaglia si intrecciano alla perfezione con una base ritmica sempre pulsante e vivace, con un grandissimo lavoro di “Talia” Accardi capace di abbinare nuovi suoni elettronici alla matrice rock della band. I Ritmo Tribale erano riusciti a cambiare pelle mantenendo inalterato il loro spirito e la loro proverbiale coerenza.                                                                                           
Dieci brani , se si escludono i vari bonus track Cuore nero, (forse il brano più “puramente” rock dell’intero album), Iniettami e Senza limiti .                    
Le danze si aprono con 2000, il cui testo traccia un fedele ritratto della cinica civiltà del 2000. L’inizio lento di Lumina introduce un desiderio di cambiamento :”…LA LUCE FILTRA DALLE MIE FINESTRE COME SE VOLESSE ATTRAVERSARE I MIEI PENSIERI…”. La terza traccia, ( uscita anche come singolo) è un inno alla Musica nel quale parti elettroniche e voci filtrate si fondono alla perfezione con le chitarre di Rioda e Scaglia. E’ poi la volta della sofferta Dipendenza, “…COL TUO CIELO DI RIGHE NERE, MANTELLO ROSSO MA FINO A META’, ANONIMA COME SE FOSSE FINTA, TU SEI QUELLO CHE NON MI MANCA…”. Si passa poi alla dimensione quasi “eterea” dello struggente Il centro, “…SI SCIOGLIE COME NEVE MA RESTA NASCOSTA LA DOLCISSIMA IMPRESSIONE DI AVERTI VISSUTA GIA’   SOSPIRA E RACCOGLI   …”.             
Il brano successivo intitolato Violento è forse il pezzo più “vicino” agli album precedenti . Diamante è invece una canzone elettroacustica di grande impatto emotivo. Nonostante “…IL FUOCO E’ SPENTO E LE CENERI ORAMAI SPENTE…” i ricordi mai sopiti riaffiorano rendendoci duri come un diamante.                
Nella bellissima Meno nove gli echi di fondo vengono d’improvviso sovrastati dalle chitarre distorte. “…SPIEGAMI COME SI FA A RAGGIUNGERE LA VETTA FINALE  SVELAMI IL SEGRETO CHE DA L’ASSOLUTA IMPERMEABILITA’ ANCHE SE FA MALE…”. Convalescenza “gioca” sul contrasto tra passaggi malinconici ed acustici alternati a momenti decisamente più “acidi”. Il testo è incentrato su quel momento in cui un rapporto entra in crisi e porta ad uno stato di “convalescenza”… L’album si conclude con la “title track”, inteso come un luogo metafisico situato in un angolo della mente, canzone musicalmente basata su un “tappeto antico” formato da moog e sintetizzatori a contrastare le chitarre dissonanti.                                                                                           
Bahamas doveva essere il primo album di un “nuovo inizio”, rimase invece un lavoro poco capito e molto sottovalutato. Divenne così tristemente il disco dell’addio. A nostro modo di vedere tuttavia mai commiato poteva essere migliore …                                                                                              
 “Su le mani se vi è piaciuto!” era l’invito rivolto da Andrea Scaglia ai propri fans al termine di ogni esibizione live della band milanese . E noi, che di concerti dei Ritmo Tribale ne abbiamo “vissuti” parecchi, mai al termine di una loro performance abbiamo visto mani abbassate…                                          
Ci sia consentito ora di fare uno strappo alle regole di MCM , aggiornandovi su cosa fanno i “Tribali” oggi, quindi nel nuovo millennio.                                       
Stefano Rampoldi alias Edda ha vinto la sua dura battaglia contro la dipendenza da eroina. Dopo aver lavorato per qualche anno come montatore di ponteggi per l’edilizia è tornato a fare il musicista a tempo pieno. Come solista ha pubblicato quattro album : Semper biot (2009), Odio i vivi (2012), Stavolta come mi ammazzerai? (2014) e Graziosa utopia (2017). Andrea Scaglia fa ora il giornalista, Fabrizio Rioda ha aperto il ristorante “Birra & polpette” in viale Bligny a Milano. “Briegel” è un avvocato mentre Alex Marcheschi fa lo psicologo e l’insegnante . Luca “Talia” Accardi dopo aver gestito per alcuni anni l’edicola di famiglia fa ora il tatuatore presso il Quetzal tattoo di viale Sabotino a Milano. Nel 2010 è uscito “Milano original soundtrack” album di debutto dei NoGuru, band formata dagli ex Tribali Scaglia, Marcheschi, “Briegel” e “Talia” ai quali si sono affiancati il virtuosissimo chitarrista italo-basco Xavier Iriondo Gemmi (già con gli Afterhours) e Bruno Romani (sax alto e flauto traverso).                     
Il 24 Aprile 2017 i Ritmo Tribale dell’ultima formazione (con Rioda alla chitarra) hanno riproposto l’intero album “Bahamas” sul palco del Centrale Rock di Erba. A questo evento live ne sono succeduti altri, mentre nel 2018 hanno pubblicato i singoli “Le cose succedono” e “La rivoluzione del giorno prima”, anticipazioni di un nuovo progetto. Come si suol dire, se son rose fioriranno…                              
Alcuni spunti per la stesura di questo articolo sono stati estratti dal libro “UOMINI - I Ritmo Tribale, Edda e la scena musicale milanese” di Elisa Russo pubblicato da Odoya nel 2014 e da alcuni post su Facebook di Fabrizio Rioda.
La firma sotto questo articolo è quella della Duerrevi Productions, dove le due R sono quelle di Roberto Rizzetto, mentre le due V sono quelle di Vincenzo Visentin. Entrambi facenti parte dello sciame MCM, con il logo Duerrevi Productions hanno scritto diretto ed interpretato la commedia teatrale (o spettacolo musicale, scegliete Voi) intitolata “La leggenda del Sant’Angelo Bernabeu”. Presso il Cineteatro Sant’Angelo di Via Garibaldi 47 a Lentate sul Seveso (MB), intorno alle ore 21,00 del 5 Febbraio 2019 porteranno in scena la loro seconda fatica teatrale, il cui titolo è: L’airone, il pirata e l’aviatore.                                                    
Stay tuned…